
Il Selfcare è un modo di tendenza per attirare i clienti che cercano l’autonomia e per ridurre il carico di alcuni centri di contatto.
Tuttavia, il concetto non è nuovo se consideriamo – con un po’ di esagerazione – che un cartello che annuncia i giorni e gli orari di apertura di un negozio, affisso all’entrata, informa il cliente “aproposito” senza che egli debba spingere la porta…. In questo caso, l’informazione è solo vagamente collegata al cliente. Come le Domande Frequenti non dinamiche, le schede prodotto o la rubrica Contatti dei siti web, i pannelli all’ingresso dei negozi forniscono informazioni sull’azienda o sui suoi servizi e tengono poco conto del contesto del cliente (considerano solo la posizione del cliente in un dato momento, nel tentativo di dedurre i suoi bisogni).
Una versione ancora meno contestualizzata sarebbe stata l’annuncio degli orari di apertura in un quotidiano, senza tener conto – letteralmente – del customer journey.
Queste prime due “fasi” del Selfcare si basano quindi sullo sforzo del cliente: sta a lui sapere dove trovare l’informazione che cerca, più o meno correttamente segnalata, e capire se è adatta ai suoi bisogni e al suo contesto.Ovviamente, non permettono al cliente di agire direttamente sul suo percorso.
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Immaginiamo un inquilino, al quale il padrone di casa invia – non appena viene identificato il guasto di un ascensore nell’edificio in cui vive – un SMS, indicando in sostanza che l’anomalia è nota, è in trattamento, che sarà contattato al più presto… e che quindi è inutile contattare il Servizio Inquilini. Non solo l’inquilino è rassicurato dal fatto che il problema è stato preso in considerazione e non partecipa a un possibile picco di carico sul Contact Center, ma è potenzialmente avvisato di un problema che avrebbe affrontato prima che il danno si verificasse (e, per inciso, eviterà di tornare a casa quella sera con due pacchi d’acqua, solo per trovarsi di fronte a un ascensore in guasto…).
Come tutte le interazioni di auto-assistenza, si tratta naturalmente di un‘interazione che è stata preparata, pianificata e organizzata con cura dall’azienda. Il “Self” del Selfcare non significa che il cliente è solo, abbandonato a se stesso, ma piuttosto che è stato reso autonomo dall’azienda e messo in grado di ottenere le informazioni di cui ha bisogno, quando ne ha bisogno. E anche che alla fine sia abbastanza fidato da avere la possibilità di agire direttamente sui suoi dati e sui suoi percorsi.
Dal punto di vista aziendale, l’elemento umano è naturalmente presente ed è anche centrale per il Selfcare.
L’elemento umano è prima di tutto centrale per preparare l’interazione, come quella menzionata sui guasti agli ascensori. Per evitare che il Contact Center si intasi quando uno o più ascensori si rompono, era necessario che i team aziendali, il supervisore, i consulenti e forse anche gli inquilini lavorassero insieme e definissero che :
- questo caso potrebbe verificarsi con sufficiente frequenza e generare un gran numero di chiamate (per cui era conveniente gestirlo),
- questo caso potrebbe essere rilevato tramite una box collegata integrata negli ascensori, che trasmetterebbe un allarme allo strumento di gestione della struttura,
- doveva provocare un certo tipo di azione nei confronti degli inquilini dei pianerottoli serviti dagli ascensori colpiti, in questo caso l’invio dell’SMS da parte della soluzione Contact Center,
- Dovrebbe anche innescare altri tipi di azioni interne, come un messaggio al riparatore e la creazione di una sollecitazione nel CRM per poi seguire il progresso della riparazione e continuare a informare gli inquilini coinvolti).
È poi ovviamente l’elemento umano che integrerà gli strumenti d’interfaccia tra il cliente e l’IS. Un sistema di Selfcare funziona se – e solo se – l’interfaccia tra il cliente e tutti i dati (spesso i suoi stessi dati) immagazzinati nell’IS dell’azienda è sufficientemente rilevante, intelligente e persistente da far comunicare questi due protagonisti.
È anche l’umano che integrerà, compenserà e completerà il Selfcare che è arrivato alla fine delle sue possibilità perché non c’è una rubrica Domande Frequenti sufficientemente adatta ai bisogni del cliente, perché la domanda del cliente non è stata formulata in modo tale che il ChatBot possa capirla, perché l’area clienti del sito non permette di agire su un ordine che è già stato convalidato, ecc…
Un sistema di Selfcare deve essere in grado d’identificare i suoi limiti (in tempo reale, ma anche in seguito attraverso un’appropriata segnalazione) ed essere in grado di passare la mano all’essere umano al momento giusto. Sta poi all’essere umano, in questo caso il consulente, utilizzare le informazioni messe immediatamente a sua disposizione dalla soluzione di Contact Center, che traccia tutte le interazioni umane passate, espone il contesto del cliente e talvolta indica parte delle interazioni di Selfcare, per comprendere meglio il bisogno e rispondere ad esso.
Il Selfcare serve a rispondere rapidamente a richieste semplici e non ambigue e a conservare le risorse umane per rispondere efficacemente ad altre richieste: quelle che sono complesse, multifattoriali… e che spesso richiedono più empatia.
Un sistema di Selfcare deve anche esporre i dati dei suoi clienti in modo sufficiente per fornire loro un servizio pertinente, proteggendoli allo stesso tempo dall’essere utilizzati da chiunque altro … Il 58% dei clienti sposterebbe la metà o più della propria spesa verso un fornitore che eccelle nella personalizzazione dell’esperienza del cliente senza compromettere la sicurezza dei suoi dati (Fonte: Put Your Trust in Hyper-Relevance, Accenture, 2017).